di Franco Fayenz
Bentornato, Gerry Mulligan. Bentornato a Milano, nella città dove spesso hai soggiornato negli ultimi anni della tua vita in una bella casa insieme con la moglie Franca Rota. Lì avevi un pianoforte per studiare le tue nuove composizioni e tanti fogli A4 per i tuoi disegni che tu, con il solito understatement, chiamavi in italiano “i miei scarabocchi”, due parole della lingua del Belpaese che non hai imparato mai. In quella via molti ricordano bene il signore alto e distinto, con la barba e i capelli ormai tutti bianchi, che andava a fare la spesa al supermercato ma teneva ancora concerti meravigliosi. Alcuni ti salutavano, sapevano che ti chiamavi Gerry e tu rispondevi sorridendo. Adesso gli “scarabocchi” migliori sono contenuti in un libro prezioso che Franca ha fatto stampare a Liegi. Si possono ammirare, debitamente incorniciati, in una mostra appena inaugurata nella Galleria Milano (Gerry Mulligan: Il Ritmo dell’Immagine, via Manin 13 – via Turati 14, aperta fino al 16 novembre). E ha avuto luogo, presso la Sala Grande del Conservatorio di Milano, il concerto “Un Americano a Milano: Omaggio a Gerry Mulligan”, ideato e curato da Franca Rota Mulligan nell’àmbito del MiTo che lo ha trasmesso in live-streaming nel proprio sito internet. In programma musiche sinfoniche e da camera di Mulligan eseguite dall’Orchestra I Pomeriggi Musicali in collaborazione con l’Orchestra Sinfonica del Conservatorio di Milano dirette da Riccardo Arzate e Davide Perniceni, e con Mario Marzi e Achille Succi solisti di sax baritono e di sax soprano, i due strumenti di Gerry. Nella sala esaurita si è subito percepito un clima di grande affetto per uno dei più illustri musicisti del secolo scorso senza distinzione di generi, e di festa per le orchestre, i direttori e i solisti vivamente applauditi. Gli esperti e i cultori della musica contemporanea sapevano com’era nata, negli anni Ottanta, la fondamentale svolta di Mulligan: il celebre direttore Zubin Mehta lo aveva consigliato di scrivere partiture sinfoniche e cameristiche, eventualmente anche utilizzando i temi “di piccola forma” che riservava al jazz. All’epoca Gerry era già milanese di adozione, e il suo Entente per sax baritono e orchestra sinfonica – bene interpretato al Conservatorio dalle due orchestre – ebbe un successo clamoroso. Da allora, sta scritto nella brochure di sala «lo si vide spesso al Teatro alla Scala per seguire le prove dirette da Riccardo Muti nel tentativo di impadronirsi del suono dell’orchestra». Si capiva il desiderio segreto di Mulligan che sapeva di essere senz’altro all’altezza. Ma nella sala del Piermarini fu preceduto il 13 febbraio 1995 da Keith Jarrett, pianista solitario senza confini, giusto un anno prima che Gerry si spegnesse il 20 gennaio 1996, a 68 anni, nella sua casa di Darien nel Connecticut, fra il generale cordoglio testimoniato anche da una lettera accorata di Bill Clinton, allora presidente degli Stati Uniti. Fra i brani più applauditi al Conservatorio vanno citati, oltre a Entente, Etude for Franca per sax soprano e orchestra d’archi, un dolce atto d’amore per la moglie; Walkin’ Shoes per quartetto jazz e orchestra sinfonica; il bellissimo Song for Straythorn per lo stesso organico; e infine il dinamico K-4 Pacific con il quale Mulligan concluse in bellezza tanti dei suoi concerti italiani.
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